L’ordine di demolizione è annullabile solo ed esclusivamente in fase di esecuzione dal giudice preposto e sempre dopo aver verificato la sussistenza dei titoli edilizi che cancellano l’abuso. Ad affermarlo è la recente sentenza n. 24417/2022 da parte della III Sez. Penale della Corte di Cassazione, che così si è pronunciata sul ricorso proposto contro un’ordinanza con cui i giudici di primo grado avevano annullato un ordine di demolizione.

In particolare, stando al giudice dell’esecuzione era stata rilasciata una concessione edilizia in sanatoria non presa in considerazione per una mera svista formale nell’ordinanza di demolizione. Era di diverso avviso l’accusa, che ha parlato di un provvedimento abnorme: l’ordine di demolizione era infatti stato annullato senza che nel dispositivo si evidenziassero le ragioni a sostegno della decisione.

Nella sua pronuncia, la Cassazione ha ribadito come i provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione, una volta divenuti formalmente irrevocabili, precludano una nuova decisione sullo stesso oggetto. Tuttavia, tale preclusione non opera in modo assoluto e definitivo, bensì rebus sic stantibus, e cioè fino a quando non si prospettano nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche, come tali intendendosi non solamente gli elementi sopravvenuti, quanto anche quelli preesistenti per cui non si è tenuto conto ai fini della decisione anteriore.

In particolare, per revocare l’ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell’esecuzione è tenuto a verificare la legittimità dell’atto concessionario sopravvenuto e, soprattutto, la disciplina normativa applicabile, la legittimazione del soggetto che ha ottenuto il titolo in sanatoria, la tempestività della domanda, il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell’opera e, ancora, se l’immobile edificato ricada o meno in una zona vincolata e quale sia il tipo di vincolo esistente sullo stesso.

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