La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29363 dello scorso 10 ottobre 2022, è intervenuta per chiarire ciò che accade nel caso in cui l’appartamento venduto con un prezzo a corpo sia in realtà più piccolo di quanto indicato nel rogito.

Ricordiamo che la vendita con prezzo a corpo è un’operazione il cui valore è determinato a prescindere dalla metratura che, comunque, deve essere indicata in rogito. Il prezzo è dunque concordato in considerazione delle complessive caratteristiche dell’unità immobiliare e non, pertanto, parametro alla sua dimensione.

Ad ogni modo, questo non significa che si possano del tutto trascurare le misure del bene oggetto del passaggio di proprietà: per i giudici della suprema Corte, se le misure dell’immobile sono inferiori di oltre un ventesimo rispetto a quelle effettive l’acquirente ha diritto a ottenere una revisione del prezzo. Ma come?

A spiegarlo è la sentenza in commento, che ricorda che – come previsto dall’art. 1537 c.c.:

  • se la misura effettiva dell’immobile è inferiore a un ventesimo di quella indicata nel contratto il compratore ha diritto a una riduzione di prezzo

  • se la misura effettiva dell’immobile è superiore a quella indicata nel contratto il compratore deve corrispondere il supplemento di prezzo ma ha anche la facoltà di recedere dal contratto se l’eccedenza è di oltre un ventesimo.

Ebbene, con la recente sentenza della Suprema Corte, i giudici hanno ritenuto che la clausola ex art. 1538 c.c. si applichi sempre, tranne nel caso in cui le parti ne abbiano escluso espressamente la vigenza. Per gli Ermellini la sua applicazione, infatti, assicura la precisa perimetrazione del rimedio in esame, limitandolo ai soli casi in cui la vendita sia conclusa a corpo con espressa indicazione della misura del bene compravenduto e, dunque, con estrinsecazione della volontà delle parti di negoziare proprio un bene che è stato delle caratteristiche quantitative indicate in accordo.

Dall’altro lato, però, con questa interpretazione si lascia sempre alle parti la possibilità di escludere l’efficacia della norma in esame inserendo una clausola esplicita in contratto.

Infine, i giudici hanno anche ribadito che la revisione del prezzo non deve comunque necessariamente seguire il criterio del valore di mercato, né un criterio proporzionale secco. Si deve invece fare applicazione dall’applicazione del criterio proporzionale corretto, che prescinde dall’esatta misurazione del bene.