Per poter trasformare in studio professionale la destinazione d’uso di un locale precedentemente adibito ad altra tipologia di attività commerciale non basta la SCIA. A chiarirlo è la sentenza n. 326/2022 del TAR Lazio, che così si è pronunciata sul ricorso presentato da un professionista contro un’amministrazione comunale che ha dichiarato inefficace la SCIA presentata per avviare il suo studio.
Il ricorrente afferma infatti che la SCIA era stata approvata mediante silenzio assenso da parte dell’amministrazione. Trattandosi di variazione d’uso dell’immobile, senza realizzazione di opere e aumenti di carico urbanistico, non era necessario il cambio di categoria catastale.
Dinanzi a questa presa di posizione, il TAR ricorda che – trattandosi di attività commerciale – la SCIA doveva innanzitutto essere assentita dal settore delle attività produttive con eventuale facoltà di ottenere un parere non vincolante al settore urbanistico edilizio. Non trattandosi di SCIA edilizia, i termini per annullare la comunicazione da parte del Comune non era più di 30 giorni, bensì di 60 giorni.
Per quanto poi concerna il cambio di destinazione d’uso, il giudice ha ribadito che tale operazione richiede un titolo abilitativo edilizio se è urbanisticamente rilevante, considerando come tale ogni forma di utilizzo dell’immobile differente da quella precedentemente prevista dalla normativa urbanistica di zona, anche se non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, ma pur sempre in grado di comportare l’assegnazione dell’immobile a diversa categoria funzionale.
Di conseguenza, se uno studio diventa tale in seguito a un cambio di destinazione d’uso, è necessario procedere con richiesta di variazione di categoria catastale. La SCIA, da sola, non è sufficiente.
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