Attraverso la sentenza n. 230/2021, il Consiglio di Stato chiarisce quali sono le tolleranze costruttive in merito all’applicazione dell’art. 34-bis del dpr 380/2001, di recente introdotto nel Testo Unico dell’edilizia con la “legge Semplificazioni”. Secondo questo articolo, le difformità volumetriche delle singole unità immobiliari non costituiscono una violazione edilizia se non superano il limite massimo del 2% rispetto alle misure descritte nel titolo abilitativo. Secondo il parere del CdS, la percentuale di tolleranza costruttiva va riferita alla ben individuata porzione dell’edificio che è oggetto dei lavori.

Nel caso in esame, il proprietario di un immobile, dopo aver ottenuto il permesso di costruire dal Comune, eseguiva dei lavori di recupero del sottotetto. Dal momento che era stato realizzato un aumento di volumetria, il proprietario richiedeva il permesso di costruire in sanatoria, che gli veniva tuttavia negato dall’amministrazione comunale perché non corrispondeva agli elaborati grafici presenti sugli atti. Il proprietario, a questo punto, faceva ricorso al Tar poiché, secondo il suo parere, l’aumento di volumetria realizzato non superava la percentuale di tolleranza costruttiva consentita dalla legge regionale (ovvero il 3%). Dato che il Tar accoglieva il ricorso del privato, il Comune decideva di appellarsi al Consiglio di Stato.

Secondo il parere dei giudici del CdS, i locali del sottotetto in cui sono stati effettuati i lavori costituiscono una porzione di immobile ben individuata e la tolleranza costruttiva va calcolata solo su questa parte dell’immobile, non sulla superficie totale dell’edificio. Poiché con questo calcolo l’eccedenza volumetrica superava la percentuale consentita dalla legge, i lavori eseguiti dal privato costituivano un abuso edilizio. In conclusione, dunque, il ricorso del Comune è accolto.