La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta sul tema del recupero dell’Iva per la prima casa. Stando alla pronuncia della Suprema Corte ora in esame, la revoca delle agevolazioni per la prima casa per le abitazioni di lusso legittimerebbe l’avviso di liquidazione da parte dell’amministrazione nei confronti del soggetto cedente o cessionario, nel caso in cui l’errata applicazione dell’aliquota al 4% al posto di quella ordinaria non sia esclusivamente imputabile alla dichiarazione mendace dell’acquirente, quanto a elementi oggetti del contratto che è stato stipulato tra le parti.

Nella fattispecie in esame, relativo al recupero dell’Iva per la prima casa, il caso è sorto per un avviso di liquidazione sull’acquisto di un immobile a uso abitativo, con cui il Fisco domandava un maggiore importo per Iva, sanzioni e interessi, dopo aver verificato la natura di lusso dell’immobile oggetto di cessione. Dal canto suo, la Ctp ha respinto il ricorso negando l’esistenza di un vincolo di solidarietà con il venditore. Quindi, la Ctr ha confermato la decisione della Ctp, affermando che l’amministrazione finanziaria è legittimata a recuperare la differenza di imposta nei confronti del solo acquirente, in qualità di responsabile della dichiarazione mendace, nonché principale destinatario del beneficio fiscale revocato. Il contribuente propone dunque ricorso in Cassazione.

Qui, con sentenza n. 10656/2021, i giudici di legittimità hanno richiamato alla mente quanto disposto nel Tur sui trasferimenti immobiliari soggetti a Iva, sottolineando come “l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate presso cui sono stati registrati i relativi atti deve recuperare nei confronti degli acquirenti la differenza fra l’imposta calcolata in base all’aliquota applicabile in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione dell’aliquota agevolata, nonché irrogare la sanzione amministrativa pari al 30 per cento della differenza medesima”.

Riepilogando alcune massime storiche, la Cassazione ha poi sottolineato come la responsabilità del cessionario si aggiunga a quella del cedente, considerato che da una parte le caratteristiche di lusso dell’immobile ceduto sono un elemento oggettivo, e che dall’altra parte il cedente deve emettere fattura verificando i presupposti di legge.

La Cassazione ha poi concluso precisando come il pagamento della maggiore Iva accertata da parte di uno dei due coobbligati libera l’altro, ma se ad adempiere è stato il cedente, costui potrà esercitare la rivalsa nei confronti del cessionario.