Gli abusi edilizi che vengono commessi in un’area vincolata dopo il 1993 non sono sanabili. Così ha precisato la Corte di Cassazione, 3 Sez. Penale, con la recente sentenza n. 2231/2022 su un ricorso contro l’ordine di demolizione di un edificio sul quale sono stati effettuati illegittimamente degli ampliamenti volumetrici in più riprese, ricadenti in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale.
Come ricostruito dai giudici, nel 1993 era stato infatti realizzato un primo ampliamento volumetrico di 75 mq, sottoposto a sequestro nel 1995. Qualche anno dopo l’opera era poi stata ulteriormente ampliata, con conseguente nuovo sequestro. Sulla prima parte dei lavori fu poi presentato una richiesta di condono ex l. n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio), mentre sulla seconda parte dei lavori è stata avanzata istanza di sanatoria ex l. n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio).
Dinanzi a tale condotta, gli Ermellini hanno ribadito come le opere realizzate illegittimamente non siano suscettibili di sanatoria. Oltre a non poter essere applicabile il condono del 1994, considerato che risulta che sono proseguiti i lavori edilizi abusivi con una seconda tranche di interventi, i giudici di legittimità sottolineano come per la legge del 2003, trattandosi di zona vincolata, il condono non può essere applicato poiché l’opera realizzata consiste di una nuova costruzione.
Di fatti, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, in relazione agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, il condono ex art. 32 dl. N. 269/2003 poi convertito nella l. n. 326/2003 è applicabile solo a interventi di minore rilevanza, non potendo invece fruire di sanatoria le opere abusive più importanti, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi sono conformi alle norme urbanistiche.
Ne deriva che il ricorso è stato respinto, con conferma dell’ordine di demolizione per insanabilità delle nuove costruzioni in area vincolata.
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