Il Tar Campania, con sentenza n. 2123/2001 dello scorso 31 marzo, è intervenuto sul tema della demolizione di un immobile abusivo “salvando” l’unità da tale destino. Di fatti, dinanzi al provvedimento del Comune che intimava il ripristino delle condizioni antecedenti l’abuso, il nuovo proprietario dei locali era risultato in buona fede, comprovata dalla compravendita stipulata dinanzi al notaio, che ha richiamato il titolo di provenienza del bene.
In aggiunta a ciò il Tar evidenzia come, se sono trascorsi molti anni dalla realizzazione delle opere abusive, l’amministrazione comunale deve comunque motivare la sussistenza di un interesse pubblico alla demolizione, comparandolo con l’interesse del privato e informando il titolare dell’avvio del procedimento.
Demolizione ordinata dal Comune, una posizione “tardiva”
Dinanzi al provvedimento del Comune, il proprietario dei locali (un appartamento e un garage) sostiene la propria buona fede affermando come nell’atto di compravendita si rinvii in maniera esplicita al titolo di provenienza che ha permesso il passaggio di proprietà al dante causa, con il costruttore che garantisce nella propria dichiarazione che il fabbricato è realizzato in conformità di una licenza edilizia che risale al 1962.
Considerato che sono trascorsi ben 60 anni dal momento del rilascio della licenza edilizia, il Comune non può dunque procedere con l’ingiunzione della riduzione in ripristino, avendo peraltro sempre regolarmente riscosso i tributi locali sull’immobile e avendo concesso al condominio, Dia e Cila per ristrutturare il fabbricato.
In conclusione, i giudici sottolineano come l’azione amministrativa esercitata dal Comune sia controversa, e come l’ente avrebbe dovuto offrire una motivazione più forte per giustificare la demolizione. Si evidenzia infine come l’interessato avesse acquistato l’immobile in virtù di un mutuo ipotecario che l’istituto di credito gli aveva concesso solamente dopo aver compiuto una perizia tecnica estimativa sui locali.
Infine, i giudici evidenziamo come se il Comune avesse comunicato l’avviso del procedimento al privato, il nuovo proprietario avrebbe potuto far valere la posizione di terzo acquirente in buona fede, inducendo così l’autorità all’emissione di un differente procedimento.
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