Anche se la questione oggetto del nostro post odierno può sembrare banale, in realtà diverse volte la giurisprudenza è dovuta intervenire a porre in essere qualche importante chiarimento sulla possibilità di vendere un immobile che contiene amianto.

Il perno della questione è legata al fatto che la l. n. 2571992 cita all’art. 1 che “sono vietate l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione dell’amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto”. Dunque, considerato che non si possono vendere prodotti che contengano amianto… rimane da capire se un bene immobile sia o meno considerabile come tale: è un prodotto?

Non solo. La non troppo remota sentenza n. 15742/2017 della Corte di Cassazione è intervenuta su una fattispecie concreta, quella di due coniugi che hanno acquistato un appartamento all’ultimo piano di un condominio, rendendosi tardivamente conto di avere il tetto di copertura in lastre di amianto. Chiesto l’annullamento del contratto, la Suprema Corte ha tuttavia affermato che la compravendita non poteva essere annullata poiché la già citata l. n. 257/1992 non imponeva la rimozione generalizzata di qualunque materiale contenente amianto all’interno delle costruzioni, ma solo la sua sorveglianza mediante il programma di controllo e manutenzione.

Sulla base di questo principio, parrebbe dunque che gli immobili non possano essere considerati prodotti, e che dunque – anche se contenenti amianto – potrebbero essere compravenduti. Altre pronunce meno recenti erano già intervenute sulla materia, affermando che la presenza di amianto all’interno di un immobile non pregiudicherebbe la sua utilizzabilità. Semmai, è possibile che la presenza di amianto negli immobili che sono oggetto di compravendita possano determinare una giustificata riduzione di prezzo, se considerabile dannoso e se risultano necessarie spese per poter equiparare il bene compravenduto a un immobile senza amianto.