Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5208/2021, è intervenuta sul tema del controllo tardivo di una Scia, affermando che l’inerzia della pubblica amministrazione non può certamente giustificare l’illegittimità originaria dei lavori.
Ricostruendo brevemente la vicenda, rileviamo come la stessa abbia avuto origine dai proprietari di due unità immobiliari che hanno presentato una dichiarazione di inizio attività per la realizzazione di una soprelevazione di un fabbricato preesistente. A distanza di anni dal termine dei lavori, la vicina di casa ha diffidato il Comune a procedere con una verifica dei lavori fatti, ritenendoli parzialmente abusivi. Dunque, la controversia non ha ad oggetto la legittimità della D.I.A., bensì il compimento di opere denunciate come mai assentite, ovvero un’attività edilizia difforme dal titolo.
Ebbene, afferma il Consiglio di Stato, proprio nelle ipotesi in cui vi sia una attività edilizia realizzata in difformità rispetto a quanto sancito dal titolo edilizio, e quando sono richieste attività di prevenzione, vigilanza e controllo all’amministrazione comunale, “non si può discorrere di un consolidamento della posizione del segnalante“, perché “anche il titolare del permesso di costruire resta sempre esposto al potere di vigilanza dell’Amministrazione per le opere abusive non coperte dal titolo rilasciato“.
A tal fine, nella fattispecie di cui si sono occupati i giudici, non è possibile invocare l’inoppugnabilità della D.I.A., poiché non vi sono termini di decadenza o di prescrizione a cui è soggetto il potere di repressione dell’amministrazione in relazione agli illeciti edilizi. Ne consegue che, in sintesi, la stessa amministrazione potrà concludere il procedimento anche nel caso in cui la domanda sia irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondata, “salvo ovviamente l’ipotesi di manifesta pretestuosità“.
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