La possibilità di costruire in sanatoria di cui al dpr n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) definisce in maniera specifica in che modi sia percorribile tale strada. Tuttavia, prima della nascita di questa disciplina, sono intervenute diverse leggi speciali che hanno previsto il “noto” condono edilizio, e su cui per tanto tempo vi è stata una consolidata nebulosità.

Di fatti, sebbene il Testo Unico Edilizio permetta la sanatoria degli abusi formali con l’accertamento di conformità, il condono edilizio aveva (e ha) consentito la sistemazione degli abusi determinati dalla realizzazione senza titoli abilitativi di un immobile in contrasto con le prescrizioni urbanistiche.

Il TUE ha inoltre previsto la c.d. fiscalizzazione degli abusi nelle ipotesi in cui il ripristino dei luoghi e la demolizione non possano verificarsi per impossibilità o pregiudizio della parte conforme, la cui valutazione avverrà nella fase esecutiva del procedimento di repressione dell’abuso, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione.

Di contro, il condono edilizio, con le varie leggi intervenute negli anni sul tema, ha previsto la possibilità a determinate condizioni di ottenere il permesso di costruire in sanatoria, in quelle ipotesi in cui la costruzione sia priva di autorizzazioni e violazioni sostanziali della normativa urbanistica.

In questo scenario la Corte di Cassazione ha emesso la recente sentenza n. 419 dell’8 gennaio 2021 nella quale si è espressa sul ricorso di un cittadino per l’annullamento di una decisione della Corte di Appello, che a sua volta aveva respinto la richiesta di annullamento di una ordinanza di demolizione di un manufatto ritenuto abusivo in una zona con vincolo paesaggistico.

Ebbene, per gli Ermellini è proprio la presenza del vincolo paesaggistico il nodo da sciogliere. E, per la Cassazione, è chiaro come non sia concedibile la sanatoria alle nuove costruzioni nella zona sottoposta a vincolo paesaggistico, anche al netto di presunti conflitti fra la normativa regionale e quella nazionale, perché, dicono ancora i giudici, “in tema di condono edilizio le disposizioni regionali non possono essere interpretate in senso confliggente con la normativa statale“.