La concessione edilizia in sanatoria può essere sempre annullata, anche a molti anni di distanza, se l’amministrazione che l’ha rilasciata identifica come illegittimo il titolo abilitativo. Ad affermarlo è una sentenza (la n. 1589/2022) da parte del Consiglio di Stato, a seguito del provvedimento di revoca del condono edilizio per due unità immobiliari abusive e del successivo ordine di demolizione.
Riepilogando brevemente il caso all’esame, ricordiamo come la ricorrente avesse presentato domanda di condono edilizio ex l. 47/1985 per due appartamenti per oltre 200 mq, versando circa 15 mila euro di oblazioni. Nel 2002 il Comune ha rilasciato la concessione edilizia in sanatoria, revocandola però nel 2008, e respingendo la domanda di condono del 1987 in quanto presentata oltre i termini previsti.
Dopo la sentenza di primo grado con cui il TAR ha respinto il ricorso, la proprietaria ha fatto appello al Consiglio di Stato affermando che il giudice non avesse tenuto in debita considerazione tutte le circostanze che hanno ingenerato un legittimo affidamento sull’accoglimento dell’istanza di condono, valutato che sono trascorsi quasi 30 anni tra la domanda e il diniego, e che in questo frangente l’amministrazione aveva domandato integrazioni e accettato le somme dovute a titolo di oblazioni, concedendo infine il permesso di costruire in sanatoria.
Il Consiglio di Stato ha però confermato la sentenza del TAR, accertando che l’istanza di condono presentata a dicembre 1987 era tardiva rispetto al termine ultimo previsto dalla legge, che scadeva il 30 giugno 1987.
Come conseguenza di quanto sopra, gli abusi edilizi erano insanabili proprio perché erano scaduti i termini per la sanatoria straordinaria. Non poteva ricorrere, in questa fattispecie, nemmeno l’eventuale silenzio – assenso dopo due anni dalla presentazione dell’istanza. La concessione in sanatoria era dunque illegittima.
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