I proprietari di un immobile vicino a un terrazzo che aveva beneficiato di un permesso di costruire in sanatoria hanno presentato un ricorso al Tar contro l’opera realizzata, a detta loro, in modo abusivo. A pronunciarsi sul tema è stata la recente sentenza n. 4469/2021 da parte del Consiglio di Stato.
La pronuncia riguarda dunque il ricorso presentato da un vicino che contestava la realizzazione di un terrazzino scoperto al sottotetto del vicino. Il terrazzino è stato ricavato, sostiene il vicino, dalla riduzione di una falda del tetto e dalla elevazione di un muro di tompagno per inserimento di infisso.
Il Comune, dal canto suo, aveva emesso ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi. Tuttavia, veniva poi accolta l’istanza di sanatoria. Per il vicino la sanatoria era però stata emessa tardivamente, ovvero dopo che il comune aveva acquisito il bene al patrimonio comunale. Una posizione condivisa dal Tar, ma che è stata rimessa in discussione dal Consiglio di Stato.
I giudici del Consiglio ricordano come più volte la giurisprudenza si sia espressa in casi simili, chiarendo come l’acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive sia “un atto dovuto senza alcun contenuto discrezionale ed è subordinato esclusivamente all’accertamento dell’inottemperanza e al decorso del termine di legge (90 giorni) fissato per la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi“.
In modo ancora più chiaro, prosegue la pronuncia del Consiglio, “l’accertamento dell’inottemperanza ad un’ingiunzione di demolizione è normativamente configurato come atto ad efficacia meramente dichiarativa, il quale si limita a formalizzare l’effetto già verificatosi alla scadenza del termine assegnato con l’ingiunzione di demolizione, ossia l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere edilizie abusivamente realizzate. Tale acquisizione costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente all’inottemperanza dell’ordine di demolizione: posta la natura dichiarativa dell’accertamento dell’inottemperanza, dunque, la mancata indicazione dell’area nel provvedimento di demolizione può comunque essere colmata con l’indicazione della stessa nel successivo procedimento di acquisizione“.
Dal canto suo, rammentiamo come il proprietario dell’edificio su cui è stato commesso l’abuso abbia sottolineato come l’amministrazione comunale non avrebbe potuto usare la sanzione acquisitoria per parte dell’edificio perché si trattava di una ristrutturazione edilizia.
Tuttavia, i giudici del Consiglio di Stato sembrano essere di opinione avversa, sottolineando come l’amministrazione comunale per l’attuazione dell’ordine di ripristino, individua l’ambito dell’acquisizione che, dicono i giudici, “tenendo conto delle caratteristiche dell’opera abusiva, non può evidentemente riguardare l’intero edifico e l’area di sedime“.
Il ricorso viene dunque respinto, anche alla luce del richiamo all’art. 38 del Testo Unico Edilizia, secondo cui il permesso di costruire in sanatoria si può ottenere “entro la scadenza dei novanta giorni dal ricevimento dell’ingiunzione (data ampiamente superata nel caso analizzato) e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative che, in caso di inottemperanza all’ordine di ripristino, non può che essere la stessa acquisizione al patrimonio comunale“.
Scrivi un commento