Attraverso la recente sentenza n. 2122/2020, il Consiglio di Stato ha chiarito quale sia la natura di responsabilità di un abuso edilizio, sancendo alcune valutazioni di particolare interesse.

Il caso su cui si sono espressi i giudici del Consiglio di Stato trae origine dall’ordinanza di demolizione indirizzata dal Comune alla società amministratrice di un’area demaniale, avente come oggetto alcune opere che sarebbero state eseguite senza il possesso del necessario titolo edilizio.

Dinanzi a tale ordinanza la società si opponeva, lamentando – tra gli altri – anche il fatto che le opere abusive fossero già presenti sull’area data in concessione, ancora prima che ne assumesse la conduzione. Proprio per questo motivo gli amministratori della società proponevano un ricorso al Tar, motivando la loro decisione sulla base della loro presunta estraneità agli abusi edilizi commessi da terzi.

A sua volta, i giudici del tribunale amministrativo respingevano il ricorso ribadendo che ex art. 35 dpr n. 380/2001, rubricato Interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici, deve essere considerato responsabile degli abusi anche il soggetto che abbia sfruttato o tentato di sfruttare economicamente il bene stesso, poiché ne aveva la disponibilità materiale, come avvenuto nel caso in esame.

Ne deriva che, dinanzi a questa posizione da parte del Tar, alla società non rimaneva altro da fare che proporre ricorso al Consiglio di Stato.

Tuttavia, anche in questa sede, i giudici si dimostrano concordi con quelli di prime cure nel considerare la circostanza che vedeva la società appellante richiedere una istanza di condono per una delle opere dichiarate abusive. Questa eventualità confermerebbe dunque l’attuale orientamento giurisprudenziale, secondo cui “l’attribuzione della realizzazione del manufatto ad altri diviene irrilevante in ragione della natura permanente dell’illecita occupazione del suolo demaniale, di talché l’attuale proprietaria dei manufatti abusivi è da considerarsi correttamente, secondo la terminologia adoperata dall’art. 35 del d.P.R. n. 380/2001, quale responsabile dell’abuso”.

Di fatti, la società – presentando una istanza di condono di alcune opere – non ha fatto altro che confermare la volontà di mantenere la disponibilità e l’utilizzo degli immobili che sono considerati abusivi. I giudici sottolineano infatti che il contenuto dell’art. 35 e dell’art 31 del dpr n. 380/2001, si fa riferimento al “responsabile dell’abuso”, quale indirizzatario di un’ingiunzione al ripristino dello stato originario dei luoghi.

Di fatti, concludono i giudici, nella definizione di responsabile dell’abuso rientra non solamente colui che ha realizzato materialmente la violazione contestata, quanto anche colui che ha la disponibilità dell’immobile e che pertanto, in qualità di detentore e di utilizzatore, dovrebbe procedere alla demolizione, restaurando l’ordine violato.