La Corte di Cassazione, con sentenza n. 37050/2019, ha stabilito che in caso di interventi realizzati in assenza o in difformità del titolo edilizio, è possibile ottenere un permesso di costruire in sanatoria se viene verificata la doppia conformità, ovvero se l’intervento è conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia sia al momento di realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda.

Ne deriva, precisano gli Ermellini, che solamente se viene accertata la doppia conformità è possibile rilasciare il permesso di costruire in sanatoria. Con la stessa pronuncia i giudici evidenziano tuttavia come la verifica finalizzata a stabilire la sussistenza o meno del requisito debba passare per il previo accertamento di una motivazione che fornisca opinione dell’avvenuto esercizio della funzione in sanatoria.

Sempre secondo l’opinione degli Ermellini, poi, l’art. 36 del dpr 380/2001 si riferisce in maniera esplicita agli interventi già ultimati e stabilisce come la doppia conformità debba sussistere in entrambi i momenti sopra individuati. Inoltre, continuano i giudici, il rilascio del provvedimento è derivante ad un’attività vincolata della Pubblica amministrazione, che consiste nell’applicazione di previsioni legislative e urbanistiche che non lasciano alla stessa PA degli spazi di valutazione discrezionale. Un’attività, quella della PA, che si caratterizza anche mediante una relativa motivazione, che costituisce misura e limite del potere esercitato.

Dunque, conclude la Cassazione, la verifica che viene affidata al giudice, e finalizzata a comprendere se vi sia o meno il requisito della doppia conformità, passa attraverso il previo accertamento di una motivazione che permetta di comprendere l’avvenuto e positivo esercizio della funzione di sanatoria dell’atto.

Peraltro, nella fattispecie di cui si è occupata la Suprema Corte, i giudici avevano correttamente evidenziato l’assenza della necessaria verifica, da parte della Pubblica amministrazione, del requisito della doppia conformità.