La recente sentenza n. 370/2020 della Corte di Cassazione è intervenuta sul tema degli interventi effettuati in zone soggette a vincolo (paesaggistico) realizzati senza il titolo edilizio necessario.

Nella fattispecie, i giudici della Suprema Corte si sono occupati di un caso che riguarda la realizzazione di manufatti interrati, sottratti alla vista, in un’area sottoposta al vincolo paesaggistico. Gli interventi erano stati realizzati nel 2014 e concernevano la realizzazione di alcuni vani di utilizzo domestico, di varie altezze, interrati e, per la parte fuori terra, sottratti alla vista da un muro preesistente.

Ebbene, i proprietari sono stati denunciati per la realizzazione dei manufatti, ricadenti in una zona a vincolo paesaggistico e privi di permesso di costruire, di autorizzazione paesaggistica e di altra comunicazione all’ufficio tecnico regionale.

I proprietari, dal canto loro, hanno lamentato l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure, attribuendo una visibilità esterna al manufatto quando, invece, lo stesso era celato alla vista e, come tale, non in grado di arrecare pregiudizio al paesaggio.

In realtà, gli Ermellini sottolineano come i giudici di prime cure avessero ragione, perché anche il manufatto interrato, realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e privo di titolo edilizio, è abusivo e, dunque, va punito in qualità di reato edilizio.

Il riferimento normativo è quello all’art. 3, lett. e1 del dpr n. 380/2001, secondo cui i manufatti fuori terra e interrati sono interventi di nuova costruzione, insieme all’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma già in essere, e dunque soggetti al rilascio del permesso di costruire.