Il Consiglio di Stato è intervenuto nuovamente sul ricorso alla sanatoria edilizia e sul suo rapporto con i vincoli paesaggistici. Con la sentenza n. 1456/2021, forse, si contribuisce a fare definitiva chiarezza su un orientamento oramai in consolidamento.
Il permesso di costruire in sanatoria
Anche in questo caso è sicuramente utile cercare di ricostruire il caso all’attenzione dei giudici, per valutarne la genesi delle rispettive motivazioni.
La fattispecie trae origine dall’intervento su una struttura immobiliare realizzata dai suoi proprietari, dinanzi al quale veniva presentata un’istanza di sanatoria.
In seguito ad un accertamento da parte di un tecnico comunale, il permesso di costruire in sanatoria veniva però respinto poiché, in parte marginale, gli interventi ricadevano su insediamenti agricoli originali e, in parte prevalente, su aree sottoposte a vincolo di rispetto ambientale, ove erano vietate le nuove costruzioni.
Dopo aver esaminato il primo ricorso il Tar si allinea con la posizione dell’amministrazione comunale. Tuttavia, i proprietari dell’immobile pongono la questione al Consiglio di Stato, lamentando il fatto che il Tar avrebbe mal valutato le costruzioni abusive come interamente ricadenti in area a vincolo di rispetto ambientale.
Il Testo Unico Edilizia
I giudici del Consiglio di Stato affrontano la questione concentrandosi sul Testo Unico Edilizia, e ricordando come all’art. 36, che disciplina le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, o in assenza di segnalazione certificata di inizio attività, o in difformità da essa.
Ricordano così che l’attuale normativa edilizia prevede l’accertamento di conformità grazie a cui è possibile ottenere il permesso in sanatoria da parte di quegli interventi che sono conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia che vige al momento della realizzazione dello stesso intervento e al momento della presentazione della domanda (per il principio della c.d. doppia conformità).
Tuttavia, per i giudici l’amministrazione comunale avrebbe correttamente rilevato la contrarietà del manufatto abusivo alla disciplina urbanistica vigente al momento della sua realizzazione: un requisito necessario per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, come normato nel TUE.
I giudici evidenziano poi come parte prevalente delle opere ricada in una delle aree di rispetto ambientale, nelle quali – recita il TUE – “è fatto divieto assoluto di nuove costruzioni. È consentita esclusivamente la realizzazione di Parchi anche attrezzati e attrezzature di uso pubblico, parcheggi, colture agricole, opere di viabilità a destinazione agro-silvo-pastorale e opere pubbliche oltre alle opere ed infrastrutture espressamente previste dal piano“.
Ancora, nelle stesse aree vi è il divieto “di interventi più ampi della ristrutturazione edilizia è evidentemente incompatibile con le opere oggetto dell’istanza di sanatoria“. Di contro, per quelle opere che ricadono all’interno della zona di insediamenti agricoli originari, sono ammessi interventi di ristrutturazione edilizia ed ampliamento del 20% del volume residenziale esistente, senza che risulti però essere possibile procedere con la realizzazione di depositi di attrezzi, magazzini, legnaie e similari.
Il ricorso è stato dunque respinto.
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