L’estate è entrata nel vivo e, come ogni anno, si ripropone in molte zone balneari il problema della presenza delle barriere architettoniche che spesso impediscono alle persone con disabilità non solamente l’approdo sull’area sabbiosa, quanto anche il semplice ingresso. Ma che cosa dice la normativa in tal proposito?

Con la l. 118/1971 il legislatore già cercava di favorire l’eliminazione delle barriere architettoniche, anche apportando le possibili e conformi varianti agli edifici appaltati o già costruiti all’entrata in vigore del provvedimento, aggiungendo poi l’importante principio secondo cui “in nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l’accesso ai minorati”.

Si è successivamente entrati più nel dettaglio con la l. 104/1992, con la quale, all’art. 23, punto 3, è stato previsto che “le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione e i loro rinnovi sono subordinati alla visibilità degli impianti ai sensi del decreto del Ministero dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13”, e “all’effettiva possibilità di accesso al mare delle persone handicappate”. Un concetto su cui poi torna il legislatore con la l. 494/1993, con la quale viene previsto che “l’accesso al mare da parte dei soggetti handicappati è comunque garantito dalla realizzazione di idonee strutture per tratti orograficamente omogenei di litorale”, da individuarsi da parte dell’autorità marittima competente.

Con la l. 296/2006 diviene infine d’obbligo, per i titolari delle concessioni, consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area compresa nella concessione, anche al fine della balneazione. Lo stabilimento deve comunque essere dotato di servizi come un parcheggio riservato in prossimità dell’accesso allo stabilimento, una postazione sulla spiaggia attrezzata e resa accessibile, servizio igienico, spogliatoio e doccia adeguati, accesso a tutti i servizi presenti, e così via.