Con la sentenza n. 23140/2019 la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema della responsabilità penale del datore di lavoro in caso di infortunio, affermando che nell’ipotesi di lavorazioni eseguite ad altezza superiore ai 2 metri, l’utilizzo delle cinture di sicurezza non può sostituire l’obbligo di approntare impalcature e ponteggi.

Più nel dettaglio, i giudici della Suprema Corte, richiamando il consolidato principio giurisprudenziale in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, “in caso di lavorazioni eseguite ad altezza superiore a due metri [l’obbligo del datore di lavoro] di apprestare impalcature, ponteggi o altre opere provvisionali, non può essere sostituito dall’uso delle cinture di sicurezza, previsto solo sussidiariamente o in via complementare”.

In aggiunta a ciò, i giudici della Corte di Cassazione puntualizzano come il comportamento del lavoratore infortunato non può escludere la responsabilità del datore di lavoro, affermando che “se il datore di lavoro avesse predisposto un’idonea impalcatura, nonostante il lavoratore avesse concorso all’evento non facendo uso dei tiranti di sicurezza, questa avrebbe neutralizzato il rischio derivante dal comportamento imprudente del lavoratore”.

Con la stessa pronuncia, i giudici evidenziano infine come sia infondato il motivo di ricorso che pone integralmente in capo al committente, e non al datore di lavoro, l’eventuale obbligo di adottare i parapetti nell’ambito del PSC (Piano Sicurezza e Coordinamento).

In conclusione, il titolare dell’impresa edile che non adotta i parapetti anti-caduta è responsabile di omicidio colposo.