La sentenza del Consiglio di Stato n. 5438/2021 è intervenuta su un tema piuttosto interessante, sbrogliando un annoso caso, aperto da un contribuente che dopo una lunga trafila burocratica si era vista bloccata la possibilità di realizzare un ampliamento del proprio edificio mediante un fabbricato staccato e arretrato rispetto al corpo principale, in una zona agricola. La motivazione è da ricercarsi nel parere della Sovrintendenza. Ma per quali motivi?
La conferenza dei servizi
Dopo aver ricevuto tutta la documentazione, il Comune indiceva una conferenza dei servizi per fornire un riscontro alla richiesta del contribuente. Qui, nonostante il parere positivo dell’ufficio tecnico comunale e quello del servizio tutela paesaggio (che ha richiesto la rinuncia alla veranda con sovrastante terrazza), arriva però il “no” della Sovrintendenza.
Dinanzi a questo scenario, il contribuente propone ricorso al Tar, con i giudici amministrativi che rigettano l’istanza e, quindi, al Consiglio di Stato.
La corrispondenza tra chiesto e pronunciato
Il contribuente fa correttamente rilevare la mancata corrispondenza tra quanto richiesto e quanto pronunciato, ovvero sul fatto che il Tar debba pronunciarsi sulla domanda e non oltre i limiti di essa.
Per il Consiglio di Stato, la posizione del contribuente è corretta: in primo grado era infatti stato domandato di annullare il parere della Sovrintendenza, censurando le motivazioni dell’amministrazione pubblica che portavano alla valutazione negativa della domanda edilizia, mentre nell’atto amministrativo “tale argomentazione non era effettivamente presente, e si basava su altre conclusioni e diverse norme giuridiche; quindi si è in presenza di un’alterazione del “thema decidendum”. Non si tratta di una diversa valutazione giuridica del Giudice di fatti presentati ed articolati nell’atto amministrativo, ma di un ampliamento con un nuovo motivo di rigetto dell’atto. Non essendosi in presenza di un atto vincolato, ma nell’ambito del potere discrezionale dell’amministrazione, la statuizione su un potere ancora non esercitato non è consentito“.
La tutela paesaggistica
Stando a quanto afferma il contribuente, il Tar avrebbe errato nel rigettare il ricorso, perché questo tipo di intervento edilizio in una zona agricola deve essere valutato nell’armonizzazione della tutela paesaggistica con riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Viene dunque richiamata la normativa di riferimento, che ben permette l’ampliamento di edifici preesistenti nella zona urbanistica di tipo E. L’appello dunque è stato accolto.
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